Terrecotte

Presepe
Museo “A. V. Reali” – Montetiffi FC

da La terra del Cielo. Le crete di Agostino Venanzio Reali di Alessandro Giovanardi: 

«Fedele alla semplicità del discorso francescano, che s’accentua ulteriormente nella professione della regola cappuccina, nutrito dalla schiettezza sine glossa del Vangelo, anche l’opera scultorea e plastica di Agostino Venanzio Reali, evita ogni dotto allegorismo e predilige le cifre perenni della narrazione biblica. Tuttavia, sarebbe errato immaginarsi che la rinuncia all’erudizione linguistica della figura facesse del discorso per immagini di padre Venanzio un racconto piano e didascalico, privo di più profonde risonanze. Le parole dell’Antico e del Nuovo Testamento sono tutto tranne che di facile interpretazione e la Bibbia, organica e millenaria stratificazione della Parola di Dio rivolta all’uomo, è senz’ombra di dubbio uno dei testi più complessi e linguisticamente diversificati dell’umanità. Accedere con la malleabile potenza della terra plasmata agli episodi cardinali della storia sacra significa niente di meno che riviverla in tutte le sue possibilità di senso. A porre mano all’opera è inoltre un poeta di straordinaria finezza e a suo modo un pensatore religioso di vera limpidezza e originalità: comunque un uomo coltissimo e impregnato di letture lunghe, silenziose e impegnative per l’intelletto e lo spirito. La dotta metafora lascia perciò il posto non a un discorso infantile ma a un simbolismo arcaico e immediato, e per questo più arcano ed essenziale. […] Piccoli tratti bastano allo scultore per suggerire stati d’animo e pensieri: tutte le crete portano traccia delle sue dita, del gesto vivo con cui la materia prende forma tra le mani e portano impresse il sigillo di un peculiare affetto carnale e di un inscindibile legame morale col mondo contadino. Il ritorno all’infanzia di molte sue creazioni è figlio di un’ingenuità solo apparente, di una freschezza riscoperta, piuttosto, al termine di una lentissima crescita umana, poetica e spirituale.

Due e opposte sono le direzioni di questo accrescimento di senso, tradotto nella stessa spazialità plastica: quella orizzontale dell’affettuosa, avvolgente Natività,

teneramente disciolta sul suolo, in un movimento immobile di contemplazione, e quella verticale dell’Angelo dell’Apocalisse, più liberatorio che non terribile, attratto in una spirale di canto e di rapimento estatico. […]»

 

 

 

 

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