Il Crocifisso di Ponte Uso

La Chiesa di San Paolo a Ponte Uso è un edificio di costruzione recente: la prima pietra fu benedetta il 6 luglio 1958. In un suo appunto don Antonio Bartolini, parroco di Vignola, storico di Montetiffi e fondatore di questa Chiesa parrocchiale, ricorda che il Crocifisso di padre Venanzio Reali fu collocato nell’abside la domenica delle Palme del 1965. L’opera fu realizzata a Reggio Emilia nel 1964: ne fa memoria padre Bernardino Costa, allievo di padre Venanzio in quel momento vicemaestro presso lo Studentato di teologia dei Frati Cappuccini di Bologna e Parma. Padre Bernardino ricorda d’avere visto l’autore incollare 2 grandi tagli di legno con il vinavil, tenuti poi pressati per 48 ore: sicuro della tenuta del lavoro, padre Venanzio affermò che avrebbe dovuto realizzarne un Crocifisso e la croce, per la Parrocchia del suo paese.

Per un commento più puntuale dell’opera sul piano artistico si rimanda alle note di Luca Cesari dal saggio Agostino Venanzio Reali trovatore di Dio, frate artista:

«Allocata [ l’opera] molto in alto nel catino absidale a favorirne la completa fruizione, considerate le notevoli dimensioni dell’oggetto (cm 312 x 180), si offrono di primo acchito all’ osservatore alcuni […] pretesti ottici […] riferibili al cartiglio, piuttosto in evidenza sull’apice dell’asse verticale della croce, e alla base cubica su cui la croce è ancorata […]. La figura del crocifisso ha l’aspetto un po’ nordico e popolare tipico per un lato del modo di tratteggiare la figura di Reali, orlata da contorni – specie il volto – molto alterati e angolati, che egli deriva dalla mediazione nordica di Rouault […], ma non meno da certi stessi idioletti della statuaria tardo-gotica. Dall’altro la sua forma allude agli anonimi crocifissi intagliati del Tirolo […]

Da un punto di vista operativo, fra Reali ha fatto alcune cose che meritano riflessione anche per il soprasenso liturgico che l’opera riveste. A cominciare dal legno prescelto per l’intaglio; uno di quei legni, l’olmo, durissimo, dei più ostici che si possano offrire a materiale di lavorazione artistica e che non di rado interdicono il lavoro dell’artigiano. […] L’olmo, era un albero ampiamente presente nella zona, […] la sua asperità inferisce a un altro legno, duro e spregioso, non bello, che simboleggia la croce. […]

Non è la prima volta che un Cristo viene raffigurato con una corona senza spine – sottolineo la coincidenza con il Cristo di Pasolini nel Vangelo secondo Matteo che risale agli stessi anni dell’esecuzione della croce -. […] [2 ottobre 1964 (presentazione alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: 4 settembre 1964)]

Il cartiglio eseguito in ferro battuto […] presenta, secondo il motivo iconografico, la dicitura abbreviata del nome del Salvatore[…]. Nella proposta ornamentale di fra Reali, le iniziali cristiche appaiono visivamente assembrate così da creare un curioso effetto ottico, per cui le lettere I. N. R. I si possono leggere anche come A. V. R – Agostino Venanzio Reali – coraggiosa soluzione che si fa teologico programma e modo di predicazione attraverso la comunicazione visiva. Non si tratta di un eccesso di autostima poco plausibile nella mentalità di un minore. Risponde invece al bisogno di realizzare l’imitazione attraverso il proprio corpo, solo mezzo per compierla o meno. Congettura non dubbia forse, sulla base di testimonianze secondo cui Reali durante l’esecuzione del Crocifisso copiava allo specchio dal proprio corpo.

Altro enigma curioso rassembra la base cubica della croce, che l’autore ha voluto come pezzo integrante della scultura non essendo essa basamento sufficiente per fungere da piedistallo. Perché? […] Esclusa la funzione di tabernacolo (o forse di reliquiario?), che pare non avere, […] esso si presenta più o meno come un cubo avvolto da fasce piatte di ferro dello stesso tipo della corona e del cartiglio, incrociate. […] La risposta è venuta leggendo fra Venanzio […]: «Francesco non è riconducibile a nessuno dei nostri clichés, né io tenterò di farlo uscire dalla grezza tomba fermata da grate di ferro, per mettergli ancora le mani addosso». Non è possibile che questa specifica base, debole come elemento decorativo, inspiegabile come piedistallo, voglia chiamare in gioco simbolicamente proprio la tomba di Francesco fermata alle grate? Così il Crocifisso, legato all’ operare delle mani di un frate, sarebbe il lignum vitae piantato nel sepolcro del poverello o da esso scaturito, che rinvia all’importanza della rappresentazione imitativa di Gesù attraverso l’allegrezza e la morte del santo, rapito per sempre in estasi davanti al cherubino consolatore e dittatore». (Luca Cesari, 2004).

 

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