LA VISITA
Veniva il sole
negli ermi pomeriggi autunnali
e mi teneva compagnia
nell’umida cella
amico lungamente silenzioso.
Faceva sorridere le vecchie pareti
e l’inerme cuore
si sentiva preso per mano
come da una bimba
e camminare nei campi di aprile.
Brucava lento le penombre
saliva sul tavolo
dorava i pochi libri
si posava sul bianco giaciglio.
E quando doveva partire
non sapeva risolversi a lasciarmi:
si struggeva tremante in un saluto
finché cedeva alla dolce
implacabile violenza degli astri.
Rimanevo solo
col quadrante immenso dell’orologio
sulla gialla parete di fronte.
Ore di mestizia greve
quando muore il sole
e non sono ancora fiorite le stelle.
MARE
Branchia turchina della terra,
mare dai velieri di vento,
vidi il Signore camminare nell’alba
sull’ira del tuo flutto,
regale e semplice come la montagna.
Mare grande, illimitato mare,
la mia anima è prona al tuo murmure
eco di abisso, richiamo di albori;
i tuoi grovigli di luce e di vento,
migranti irosi, di pace m’opprimono
la casa di mille finestre sul mondo.
Vorrei goderti senza sapermi
come il pesce balenante,
correrti i giorni e le notti,
pascermi del tuo abissale silenzio, o Mare,
palpitante affresco del mio Signore,
colpo d’ala del suo estro creante,
mare dal profondo respiro.
Quante sere venne l’Eterno
finita l’opra, sul lido
a mirarti e udire il tuo applauso?
Evocavi al suo cuore i sogni
venuti dalla mente profonda,
quando scendeva a domare i tuoi cavalli sbuffanti.
PRIMANEVE
…….. Lisetta,
hai tu la dolce memoria
premente l’anima adulta
di quando la neve
la prima volta vedemmo
sulle tettoie cadere ?
C’erano i merli neri;
girellava il cane di Egisto
lungo la siepe, annusando;
e una luna strana batteva al soffitto.
Le rame ovattate tramavano
l’aria grigia, immobili
corna di cervi imbalsamati;
il gatto faceva le fusa
presso la brace disfatta
e il breve canto dei passeri
lontano sotto i petali freddi.
Dolce nescienza non sapere
donde venisse la neve.