Montetiffi

Montetiffi e la sua Pieve

Come attestano i resti della cinta muraria, Montetiffi era un castello, sorto sopra una di quelle formazioni rocciose che caratterizzano il Montefeltro, lungo il fiume Uso, poco distante dalla sorgente.

Alta sulla cima del colle che chiude la valle del fiume, opera audace dei maestri comacini, vi si staglia l’antica pieve di San Leonardo con la sua sagoma massiccia, l’abside sporgente sulla roccia. A lato della chiesa, dalla parte dello strapiombo, la torre campanaria domina il panorama dei monti circostanti. Così, in sostanza, descriveva il contesto l’architetto Stefano Campana, autore, prematuramente scomparso, di un ambizioso progetto di recupero delle piccoli pievi della vallata, tra le quali questa abbazia, che è uno dei monumenti romanici più importanti della Romagna, uno dei pochi esemplari rimasto intatto.

I maestri comacini, importanti costruttori e decoratori che furono tra i primi maestri del romanico lombardo, percorrendo la Via Francigena passarono anche per queste terre, tra Romagna, Toscana e Montefeltro-Marche; e sul Monte “Tiffo”, frazione di Sogliano al Rubicone, nell’XI secolo costruirono la pieve per volontà dei capifamiglia del borgo in onore dei Santi Martino e Bartolomeo. Nel gennaio 1089 fu donata all’ordine benedettino. Un’epigrafe scolpita sullo stipite del primitivo altare romanico, è posta a ricordare: «Nell’anno 1120 in onore di s. Vicinio, s. Agostino, s. Nicola, s. Leonardo, s. Giorgio, (s. Giovanni Evangelista)». E una seconda epigrafe, verosimilmente dello stesso periodo, scolpita in una mensa d’altare: «Ad onore di s. Michele Arcangelo e s. Barnaba Apostolo, dei santi Quirico e Giuditta e s. Agnese».
Venne restaurata alla fine del 1300 per servire da protezione militare di questa zona, all’incrocio di strade che portavano a Roma, al Granducato di Toscana, alla Repubblica di San Marino. Numerosi abati ressero l’abbazia, come attestano documenti storici ed epigrafi all’interno della chiesa.
Costruita su un’unica navata preceduta da vestibolo con fonte battesimale, per metà è ancora coperta dalla mirabile volta di conci in pietra viva; l’altra parte ha un tetto a capriate in legno che sostituisce quello crollato nel XVII sec. per un incendio. Nella sacrestia e nel presbiterio si possono vedere frammenti di affreschi medievali raffiguranti San Benedetto, Santa Scolastica e San Giovanni Evangelista. Le cappelle risalgono al XVIII secolo. L’altare ligneo è pregevole opera settecentesca. È dedicata a san Leonardo, patrono di Montetiffi, del quale la chiesa conserva un affresco nel presbiterio, opera di Vincenzo Lasagni di Gatteo, traslata in abbazia il 4 gennaio 1861. L’edificio ha un’acustica perfetta, ideale per concerti d’organo o d’archi.

Annessa alla chiesa, la Canonica rilevata dalla Amministrazione Comunale di Sogliano al Rubicone nel 2004, è stata restaurata per essere adibita a Museo permanente dell’opera di Agostino Venanzio Reali, sacerdote cappuccino, biblista e teologo, poeta e artista, originario di Montetiffi. Vi si conservano suoi libri, alcuni manoscritti e opere d’arte; e annualmente è punto di ritrovo per incontri, convegni, letture. Qui si è costituita l’Associazione Culturale “Agostino Venanzio Reali” che ha anche istituito l’omonimo Premio nazionale per poesia inedita.

Ai piedi della rupe si trovano, immersi nel verde, l’antico ponte romanico – raccordo della strada che conduceva verso la Valmarecchia e faceva di Montetiffi un importante luogo di passaggio – e l’annesso Molino, che riceveva le acque da un rivolo del torrente incanalato a monte con un ingegnoso sistema di prelievo, prima che questo, dopo la “mossa” alle macine, uscisse dal fabbricato defluendo nel letto fluviale attraverso un arco.

Poco oltre il ponte romanico si possono ammirare le “marmitte”, un fenomeno naturale insolito e interessante per cui il vento e l’acqua creano come vortici lungo le alte pareti rocciose dell’argine del fiume.

Per quanto a tratti aspro, col mutare delle stagioni di mese in mese il paesaggio rinnova la sua magnificenza. Per il grande silenzio, una natura rigogliosa e intatta, la prospettiva di monti e vallate intorno, visitare Montetiffi è un po’ come risalire alle sorgenti.  L’aria che si respira è religiosamente austera, l’atmosfera di raccoglimento, la gente ospitale.

Oltre all’agricoltura e al pascolo, tipica del luogo è stata da tempo immemorabile l’attività di produzione delle teglie, realizzate con un impasto di argilla e polvere di sasso, poste ad asciugare al sole e infine cotte. Percorrendo i sentieri a dorso di mulo, i tegliai di Montetiffi servivano tutta la regione, essendo la teglia un manufatto essenziale per cuocere la piada sul fuoco vivo del camino.
A Montetiffi si producevano anche nitri e polvere da sparo, di cui fioriva il contrabbando.

Storico di Montetiffi fu don Antonio Bartolini (Perticara 8.6.1921-Rimini 10.6.2011), parroco di Vignola che «per circa due anni prestò servizio pastorale anche presso l’Abbazia di Montetiffi, di cui si innamorò e della quale nel 1967 scrisse la storia» (Pietro Sambi, Una campana, il prete, la sua gente, «Il Ponte», 25 giugno 2011). A don Antonio Bartolini si deve anche la costruzione della chiesa parrocchiale di San Paolo di Ponte Uso, la cui prima pietra fu benedetta il 6 luglio 1958 e che dalla domenica delle Palme del 1965 ospita un Crocifisso ligneo, a misura umana, realizzato da padre Agostino Venanzio Reali. 

 

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